ASGI

Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione
 
 
Indietro
 
 
30.09.2010

Tribunale di Milano: Il Comune di Tradate (Varese) compie una discriminazione e viola la Costituzione nel concedere un assegno di natalitā per i soli neonati i cui genitori siano entrambi cittadini italiani

 
Il Tribunale di Milano ordina al Comune di erogare il bonus bebč ai neonati iscritti all’anagrafe dal 2007 in poi senza discriminazioni fondate sulla nazionalitā. Vinta la causa promossa da ASGI ed altre associazioni.
 
Tribunale di Milano, ordinanza dd. 29.09.2010 (ordinanza del Comune di Tradate sul bonus bebč) (429.78 KB)
 

Con l'ordinanza depositata il 29 settembre scorso, il collegio giudicante del Tribunale di Milano, sez. lavoro, ha  respinto il reclamo opposto dal Comune di Tradate (Varese) avverso l'ordinanza emanata dal giudice del lavoro di Milano il 21 luglio scorso e ha invece accolto il reclamo incidentale proposto dalle Associazioni ASGI, Farsi Prossimo ONLUS e Avvocati per Niente ONLUS, con ciò ordinando il Comune di Tradate a erogare l'assegno di natalità  per ogni neonato iscritto anagrafe dal 2007 in poi, senza discriminazioni fondate sulla cittadinanza, fermo restando l'altro requisito previsto dalla delibera comunale e non oggetto di ricorso che  almeno uno dei genitori sia residente a Tradate da almeno cinque anni.


Con delibera n. 55 del 28.09.2007, il Comune di Tradate aveva infatti introdotto un beneficio sociale di natalità pari a 500 euro a favore di ciascun neonato iscritto all'anagrafe del comune  purchè entrambi i genitori abbiano la cittadinanza italiana e almeno uno dei genitori sia residente nel Comune di Tradate da almeno cinque anni. Il Comune di Tradate aveva addirittura istituito una "festa del bambino"  per celebrare, anche simbolicamente,  tale iniziativa discriminatoria.

Contro l'ordinanza del Comune di Tradate, ASGI, Associazione Farsi Prossimo ONLUS e Avvocati per Niente ONLUS avevano presentato un'azione anti-discriminazione ex art. 44 del T.U. immigrazione. In primo grado,  il giudice del lavoro di Milano ha accolto parzialmente l'istanza, disponendo la rimozione della parte della delibera  che condiziona l'erogazione del bonus bebè alla cittadinanza italiana di entrambi i genitori e l'affissione dell'ordinanza nei locali comunali. Tuttavia,  le associazioni promotrici hanno ugualmente presentato reclamo sostenendo che il giudice di primo grado non aveva pienamente utilizzato le prerogative previste dall'art. 44 del TU imm. volte a consentirgli di rimuovere completamente gli effetti della discriminazione, poiché la rimozione completa avrebbe dovuto prevedere l'erogazione del bonus a tutti i neonati iscritti all'anagrafe dal 2007 in poi, con effetti dunque anche retroattivi.

Il Comune di Tradate  aveva invece presentato reclamo contro l'ordinanza di primo grado, sostenendo che l'iniziativa dell'amministrazione comunale doveva ritenersi legittima perché non incidente in un diritto fondamentale e perché rispondente - secondo la memoria  di reclamo- ad un interesse di politica demografica volto a contrastare "la morte dei popoli europei" e conseguentemente delle rispettive "culture europee". Considerazioni dunque palesemente razziste per cui una politica demografica di sostegno alle nascite e alla genitorialità non dovrebbe rivolgersi all'intera popolazione residente ma solo alla popolazione etnicamente di maggioranza e autoctona.  Il Comune di Tradate aveva inoltre sostenuto l'illegittimità ad agire delle associazioni promotrici del ricorso.

Il collegio giudicante di Milano ha respinto tutte le argomentazioni del Comune di Tradate.

Ha innanzitutto affermato la piena legittimità ad agire delle associazioni promotrici, trattandosi di un caso di discriminazione collettiva ove le vittime non sono immediatamente individuabili ed essendo le associazioni iscritte negli appositi elenchi previsti dalla normativa vigente. Il collegio giudicante di Milano ha inoltre sostenuto la piena applicabilità tanto delle norme anti-discriminazione contenute nel T.U. immigrazione, quanto di quelle della normativa di recepimento della direttiva europea "razza" (n. 2000/43), ovverosia il d.lgs. n. 215/2003, sebbene  quest'ultima si riferisca esclusivamente alle discriminazioni su base etnica o razziale, e non su base di cittadinanza.  Questo sulla base del principio di non-regresso previsto dalla stessa direttiva comunitaria, per cui l'attuazione della normativa comunitaria in materia non può essere motivo di regresso rispetto alla situazione preesistente in uno Stato membro (considerando n. 25 alla direttiva). Tale  principio è stato recepito  dal d.lgs. n. 215/2003 (art. 2 c. 2: "E' fatta salvo il disposto dell'art. 43 commi 1 e 2 del T.U. immigrazione", che contempla il divieto di discriminazioni illegittime su base di nazionalità e quindi a danno degli stranieri).

Infine il collegio giudicante di Milano ha ritenuto che la discriminazione operata dal Comune di Tradate non rispondesse ad alcun criterio di ragionevolezza, ma arbitrariamente mirava ad escludere dal beneficio gli stranieri in quanto tali, con ciò violando il principio di eguaglianza costituzionale, secondo i criteri interpretativi proposti dalla Carta costituzionale con la nota sentenza n. 432/2005.

Il collegio giudicante ha accolto il reclamo incidentale proposto dall'ASGI e dalle  altre associazioni, ritenendo che le prerogative offerte all'autorità giudiziaria dall'art. 44 del T.U. immigrazione di rimuovere completamente gli effetti della discriminazione, richiedevano di ordinare al Comune di Tradate di erogare l'assegno di natalità a favore di tutti i neonati, neo iscritti all'anagrafe dal 2007 in poi,  e dunque anche retroattivamente, a prescindere dal requisito discriminatorio di cittadinanza dei genitori, in quanto il Comune di Tradate non aveva previsto la necessità della presentazione di una  domanda ai fini dell'erogazione, ma questa avveniva automaticamente, dopo un'istruttoria effettuata ex ufficio dal Comune medesimo.

Il Comune  di Tradate è stato inoltre condannato al pagamento delle spese del procedimento giudiziario.

L'ASGI ed in particolare l'avv. Guariso di Milano, che ha seguito la causa a nome delle associazioni promotrici, esprimono piena soddisfazione per l'esito favorevole del procedimento giudiziario e confidano che esso serva a contrastare e prevenire questi fenomeni di sempre più diffusa  intolleranza e razzismo  istituzionale verso gli immigrati che minano i processi di integrazione e di coesione sociale, che richiederebbero invece un quadro di uguaglianza di diritti e di pari opportunità.


A cura di Walter Citti, servizio ASGI di supporto giuridico contro le discriminazioni etnico- razziali e religiose, con il contributo finanziario di Fondazione italiana Charlemagne a finalità umanitarie ONLUS

 
» Torna alla lista